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domenica 15 maggio 2011

L'ultima foglia del melo




 Era l’ultima foglia del melo rimasta lì in cima. No, non voleva proprio lasciare il suo ramo.
Il melo allora le parlò dolcemente, cercando di convincerla che ormai non era più il suo tempo.
“Dai, piccola, lasciati andare nel vento! Vedrai che non sarà né doloroso né faticoso”
“Ma io ho tanta paura di lasciarti, sto bene con te, e poi vedi sono ancora tutta verde! Devo perlomeno diventare un po’ gialla come le mie sorelline, che sono volate via”.
“Certo devi diventare gialla, ma vedi ora non è più il tempo per te di restare, dei farti portare via dal vento, e poi trasformarti.”
“Trasformarmi? E in che cosa” ribatté la foglia.
“Quando sarai portata via nel vento, andrai a posarti sulla terra insieme alle tue sorelline, e qui, piano piano, ritornerai ad essere terra, che servirà a nutrire noi piante”.
“Perché nutrire?”  chiese la foglia.
“Certo, nutrire, perché trasformandoti in terra, sarai ricca di una sostanza preziosa per la nostra vitalità, e cioè l’azoto. Come vedi sei sempre importante, non devi avere paura.”
“Va bene, cercherò di diventare gialla, e poi mi farò trasportare via dal vento, non avrò paura, te lo prometto”
E così, giorno dopo giorno, anche l’ultima fogliolina fu rapita dal vento e poi cadde un poco più lontano dal melo, vicinissima a tutte le altre foglie già cadute. Ce ne erano tante e così lei non si trovò sola. Alcune erano già completamente trasformate, cioè era rimasta solo visibile la nervatura, altre erano diventate sottilissime, come una pellicina di cipolla, e quasi trasparenti, altre invece, le ultime cadute, erano ancora intatte. Bellissime, con i colori dell’autunno, cioè gialle e rossicce. E’ come se fossero andate in salone di bellezza, ad imbellettarsi per una festa. Foglie di melo, di albicocco, di vite, di fico e di cachi. Era un bel tappeto colorato. Improvvisamente da sotto il tappeto sbucarono due occhi luminosi. Ma chi sarà mai, pensò la nostra fogliolina.
“Cra, cra, ben arrivata!” la salutò un rospetto.
“E tu che ci fai qui?” domandò la foglia.
“Mi proteggo dal freddo, e poi sai, sotto di voi si crea proprio una situazione adatta a me, e cioè umida e calda, come se fosse un bel cappottino per l’inverno che è alle porte. Quando diventerete terra, mi coprirete completamente, così aspetterò al calduccio la prossima primavera. Allora, uscirò e cercherò una compagna”
“Sono proprio contenta, perché sono in compagnia e poi sono veramente utile” disse la fogliolina.
Guardò su con nostalgia la pianta madre. Era enorme, la sovrastava e le copriva il sole. No, non doveva avere paura.  Il sole era pallido e non molto caldo, non come il bel sole dell’estate che la illuminava tutta e la riscaldava, anche troppo. E poi nel cielo il sole restava poche ore, e parecchi giorni era pure coperto dalle nuvole.  Queste erano sempre più nere,  e ricche di acqua, e spesso pioveva abbondantemente .
“Va bene” pensò “ è giusto così. Mi trasformerò presto e ritornerò alla mia pianta madre così la potrò riabbracciare, e mi ritroverò con le mie sorelline.”
E così, giorno dopo giorno,  la nostra piccola fogliolina prima divenne sottile sottile, poi rimasero solo le nervature, e tutta l’altra parte era diventata terra profumata e bruna, insieme alle altre foglioline.
Quando arrivò il tepore della primavera venne il contadino, vide tutta questa bella terra e la smosse un poco, sistemandola bene vicino al tronco del melo, stando però attento a non disturbare il ranocchio per non fargli male. Il ranocchio serviva per cacciare gli insetti fastidiosi, come le zanzare, e quegli altri piccoli insetti che possono danneggiare le piante.
Intanto sul melo stavano nascendo le prime nuove foglioline, e l’albero si era abbellito con mille fiori.
Alle nuove foglioline, l’albero disse:
“Vedete, piccole, tutta quella terra profumata che ora mi è stata messa dal contadino vicino al tronco, è sempre parte di me, ma serve ora sia a me che a voi, è preziosa perché contiene buone sostanze provenienti dalle vostro sorelline dello scorso anno. Ora è il vostro tempo!”




martedì 10 maggio 2011

Un esperimento riuscito, tortino di broccolo

Ok nel mio orto ho raccolto finalmente un broccolo, non so di che qualità, era veramente indefinito, sembrava più della famiglia dei broccoli siciliani. Comunque siccome io non metto nessun ormone o simili nelle mie piante, il fiore era molto piccolo, ma le foglie tantissime.


Che fare allora con quella pianta, mi sono detta? Ed ho trovato la soluzione, ho lessato il fiore con un poco di foglie e le ho condite come al solito, cioè ripassate in padella con aglio e peperoncino; ma erano avanzate ancora tantissime foglie ed il gambo, che per altro è buonissimo. Ho cercato di non gettare via niente, ed ho cucinato il tutto, compreso le coste delle foglie, eliminando solo le parti più legnose. Dopo averle lessate le ho frullate (santo frullatore è sempre il mio alleato). Quindi ho inventato una nuova ricetta.

Ingredienti:

foglie di cavolo e gambo (saranno state 700 o 800 gr)
200 gr di ricotta
odori vari
pepe, sale qb
1 uovo
1 etto e 1/2 di prosciutto cotto
due manciate di parmigiano e pecorino mischiti
un cucchiio di pan grattato

Poi ho unito la ricotta, il parmigiano, vari odori (quello che ho in giardino, cioè menta, basilico, prezzemolo e maggiorana) un uovo, il parmigiano e il pangrattato, il pepe ed il sale.
Ho quindi mischiato il tutto e, dopo aver foderato due stampini con il prosciutto cotto, ho inserito all'interno il risultato e ho messo al forno, come al solito a 180° per una ventina di minuti. Eccolo qui uno dei due, lo abbiamo già mangiato ed era squisito, forse un poco troppo calorico, comunque un piatto unico


venerdì 6 maggio 2011

Poesia alle stelle rifatta dal nonno






Al nonno Nando è piaciuta tanto la storia dell'angelo, e quindi ne l'ha riadattata con la morale.


C'era, tanto tempo fa, quando ancora non era stata inventata l'elettricità, un angelo che non si accontentava della luce delle candele.

Un giorno, anzi  una sera, alzando lo sguardo al cielo vide una marea di lumi che altro non erano che le stelle.

"Se ne prendessi una la mia dimora ne sarebbe rischiarata e non dovrei sopportare l'odore della cera che si squaglia" pensò.

Detto fatto con un battito d'ali salì su su in alto e prese una stella e la portò nella sua dimora che subito si illuminò di una bella luce bianca.

E così ogni qualvolta una stella si esauriva lui saliva in cielo e ne prendeva un'altra.

Un giorno il Signore decise di contare le stelle e si accorse che ne mancava qualcuna.

Risoluto a venire a capo di questo mistero si mise di guardia e vide l'angelo che, esaurita l'ultima stella, con un battito d'ali si apprestava a prenderne via un'altra dal cielo.

Deciso a punire il ladruncolo, il Signore mise una nube al posto della stella naturalmente con la stessa forma e dimensione.

L'angelo, ignaro di tutto, salì al cielo e prese la nube e la portò nella sua casa.

In quel momento il Signore trasformò la nuvola, che si ingrandì, divenne nerissima e, dopo un lampo accecante e un tuono fragoroso, venne giù tanta di quell'acqua che la casa cominciò a galleggiare e l'angelo ne uscì fradicio con le ali appiccicate al corpo.

Dall'alto si udì una voce
"Tu hai preso le stelle che io avevo messo perché tutti ne godessero mentre il tuo è stato un gesto egoistico. Non farlo più, altrimenti ti toglierò le ali"


L'angelo capì la lezione e andò a comprarsi le candele.

Poesia alle stelle





Questo è stato scritto oggi da Beatrice, proprio brava, pensando che non ha ancora 7 anni.

C'era una volta tanto tempo fa un angelo che gli piaceva strappare le stelle dello spazio pechè con le stelle luminose illuminava la sua strada.
Così un giorno un errore successe al povero angelo. Invece di prendere una stella prese una nuvola a forma di stella e si era confuso, e dopo la nuvola bianca divenne una nuvola nera come carbone. Dopo due secondi iniziò a piovere addosso all'angelo.

firmato Beatrice

domenica 1 maggio 2011

Alfredo terza parte

Questa è l'ultima parte della storia, spero che sia piaciuta a tutti.


C’era un cavallo bellissimo dentro la stalla. Era tutto occupato a mangiare la biada, e voltava le spalle alla porta: non si accorse nemmeno che Alfredo era entrato. Poi sentì un lieve frusciare, e allora dilatò le narici per annusare l’aria e capire da dove fosse venuto il rumore. Alfredo si fermò impaurito.
Forse era pericoloso anche il cavallo?
 Si acquattò subito sotto una balla di fieno, e rimase fermo un poco di tempo. Poi riprese a muoversi piano piano. Uscì fuori dal fieno solo con la testolina, e si guardò intorno. Il cavallo lo vide e nitrì forte, ma non per spaventarlo, solo per salutarlo.
Via, subito, Alfredo, impaurito ritrasse la testolina dentro la balla di fieno. Cercò allora di aprirsi un varco dentro al fieno, per potersi muovere e allontanare senza essere notato. Ma ecco, un altro topolino!
“Menomale” disse Alfredo “un essere amico!”
“Ma dai! Non avrai mica paura del cavallo? E’ un nostro amico, e non ci farebbe mai del male. Il suo nome è Nestore ed è buonissimo: Esci pure allo scoperto. Vedrai anche un cane, Malby, anche lui un amico. Non avere paura!”
Alfredo allora piano piano uscì dalla balla di fieno e si mise davanti al cavallo.
Era ancora un poco impaurito, ma per essere gentile voleva salutare Nestore.
“ Buongiorno Nestore, io son Alfredo. Sono qui per merito di due persone che mi hanno salvato, cercherò di non dare fastidio a nessuno. Non temere, sono piccolo!”
“Certo che non ti temo!” esclamò Nestore “Ci sono altri topolini qui nella stalla e condividiamo lo spazio ed il cibo. Sei il benvenuto!”
In quel momento arrivò il cane Malby. Era grosso, peloso e nero. Aveva solo un ciuffo di peli bianchi vicino agli occhi, e una macchia bianca vicino alla coda.
Entrò brontolando: “Anche oggi si sono scordati del mio cibo! Non è possibile, sono tre giorni che mi ignorano e mi tocca mangiare quello che trovo nel prato. Non sono vegetariano io, uffa!!!!”
Poi si accorse di Alfredo.
“Ehi tu? Chi sei? Abbiamo un nuovo inquilino qui? Ehi, dico a voi?”
“Dai sei proprio brontolone oggi” disse Nestore “Lui si chiama Alfredo ed è arrivato da poco. E’ qui grazie a due persone che lo hanno salvato. Starà anche lui con noi”
“Va bene, va bene!” bofonchiò Malby e si accucciò in fondo alla stalla.
Alfredo allora timidamente si diresse verso una ciotola d’acqua e bevve, poi prese qualche chicco di grano, e infine anche lui si riposò.
Cominciò a pensare a Nenè e ai suoi piccoli. Come avrebbero fatto senza di lui? Il pensiero lo intristì così tanto e allora si mise a piangere.
“Che hai ora?” Bofonchiò Malby “Sei sano e salvo e tra amici, non devi avere paura di niente, hai da mangiare e da bere. E allora perché piangi?”
“Sono preoccupato per Nenè, e per i miei piccoli. Come faranno senza di me?  Certo qui starebbero bene anche loro, ma non so assolutamente dove sono. Sono venuto qui dentro una gabbietta con una macchina e chi lo sa dove si trova la mia tana.”
“Dai, non piangere! Ora cercheremo di trovare la soluzione, qui siamo tanti, ci sono anche due gabbiani che ogni tanto vengono a bere all’abbeveratoio. Tutti insieme ti aiuteremo, non ti preoccupare” disse Malby con un tono un poco meno rude.
Si misero tutti allora fuori la porta della stalla ad aspettare i due gabbiani.
“Eccoli, eccoli!!” gridò all’improvviso Nestore. E li salutò con un forte nitrito.
Erano tutti eccitati e circondarono i nuovi venuti.
“Ma che avete oggi tutti quanti?” chiese il gabbiano più grande.
Tutti cominciarono allora a raccontare la storia di Nenè, ma parlavano tutti insieme per l’agitazione, creando una gran confusione.
“Basta!!” gridò sempre il gabbiano più grande, zittendoli tutti. “Ora per favore che parli uno solo così riusciamo a capire qualcosa”
Subito si fece avanti Malby e con la sua voce forte cominciò col presentare ai nuovi venuti il piccolo Alfredo, raccontando poi la sua storia.
“Povero piccolo!” disse il gabbiano più piccolo “Ora fateci pensare come riuscire a trovare la tana di Alfredo “
Si misero in disparte per avere un poco di tranquillità e, dopo poco tempo il più grande esclamò “Forse ho trovato! Qui abbiamo bisogno del fiuto di Malby per rintracciare i due nonni, poi li seguiremo ed arriveremo alla tana di Alfredo. Speriamo solo che non siano andati troppo lontano”
Fortunatamente i due nonni avevano deciso di passare qualche ora al mare per cui in quel momento stavano tornando alla loro macchina.
“Eccoli, eccoli” esclamò felice Alfredo e subito Malby corse loro incontro:
“Che bel cane!” esclamò nonna Egle, e si mise subito ad accarezzarlo.
“Non ricominciare ora “ rispose nonno Mario, “te l’ho detto tante volte che non possiamo avere un cane, con tutti i viaggi che facciamo lo dovremmo lasciare solo!”
“Va bene, lo accarezzo solo” esclamò nonna Egle. Nonno Mario aprì lo sportello dell’auto, e subito Malby si intrufolò dentro.
“Non puoi venire con noi!” esclamò nonno Mario e provò a farlo uscire, ma Malby si puntò fortemente sulle zampe per non scendere.
“Va bene, faremo così, verrai con noi e a casa cercheremo di darti una sistemazione” e richiuse lo sportello.
Intanto i due gabbiani aiutarono il piccolo Alfredo a salire su uno di loro e si librarono in volo.
Che spettacolo! Dall’alto per Alfredo era tutto più bello e l’aria poi era piacevolissima sul suo piccolo capino.
L’auto dei due nonni partì e i gabbiani dall’alto la seguirono, volteggiando nell’aria. In pochissimo tempo arrivarono a destinazione, e subito Alfredo riconobbe l’albero cavo.
“Ecco la mia tana!” esclamò Alfredo e subito i gabbiani scesero in picchiata.
“Nina, piccoli,  sono tornato!” chiamò Alfredo e tutta la famigliola si riunì festosa.
L’auto dei nonni si fermò e Malby scese prontamente ed incominciò ad annusare l’aria per capire dove fosse andato a finire Alfredo.
Federica aprì il cancello e venne verso i nonni per sapere come fosse andata a finire con il topolino e subito Malby entrò nel suo cancello e si diresse in fondo al giardino perché aveva sentito fortemente l’odore di Alfredo.
“Certo che è strano questo cane, è voluto entrare per forza dentro la nostra macchina ed ora vorrebbe uscire da dietro casa tua verso il prato, chi lo sa perché” disse nonno Mario.
Nel prato intanto c’era una gran festa con i gabbiani e la famiglia di Alfredo.
“Apri il cancello di dietro Federica, vediamo cosa succede” disse ancora nonno Mario.
Subito Federica aprì il cancello e Malby in men che non si dica raggiunse il gruppetto.
Subito i gabbiani caricarono uno i tre topolini piccoli e l’altro Alfredo e Nenè.
“Ora tenetevi forte tutti, ripartiamo, e tu Malby seguici dal basso così torniamo tutti da Nestore.” Disse il gabbiano più grande.
E così fecero.
Nonna Egle, nonno Mario e Francesca erano rimasti tutti a bocca aperta a vedere questo spettacolo meraviglioso di solidarietà tra animali.