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giovedì 28 aprile 2011

Alfredo

Qui inserisco una prima parte della favola, che è un poco lunga e potrebbe annoiare. La seconda alla prossima volta.

ALFREDO


“Corri, corri! Mi raccomando, sempre a zig zag” disse tutto trafelato il topo Alfredo alla piccola topina Nenè.
Lei era graziosissima, molto più piccola di lui, che già era piuttosto piccolo.
Lui da subito aveva carpito la sua fiducia, e si erano quasi subito uniti.
Ora stavano scappando in un grande prato con tante spighe, perché erano stati individuati da un rapace, e quindi per salvarsi correvano disperatamente in cerca di un rifugio, sempre a zig zag per non farsi prendere.
Nenè era un pochino più lenta nel correre di Alfredo perché a giorni sarebbe diventata mamma, e quindi si era un poco appesantita.
“dai, dai! La esortò Alfredo “Laggiù vedi c’è un albero con il tronco cavo, se ce la facciamo a raggiungerlo, ci potremo riposare”
Eccolo finalmente l’albero! Erano salvi! Con il fiatone, si infilarono nella cavità e qui finalmente si fermarono.
L’avvoltoio fece ancora alcuni voli circolari sopra l’albero, sperando che uno dei due topolini uscisse allo scoperto, poi si arrese e si librò in alto nel cielo.
Alfredo dopo un poco uscì allo scoperto, vide che il pericolo era passato, e allora si rivolse a Nenè :
“Io vado in cerca di cibo, penso che con tutto queste spighe ci sarà qualcosa da mangiare. Tu rimani pure qui ad aspettarmi. Non ti preoccupare, cercherò di fare il più presto possibile”
Lui era da poco uscito quando Nenè sentì che era arrivato il momento: ecco, stavano per nascere i suoi piccoli. Forse era stato lo spavento, o la corsa folle, comunque era il momento. Si accovacciò e piano piano, ecco nascere i piccoli, prima uno, poi un altro, ancora un altro, e finalmente l’ultimo.
Erano ben quattro piccoli, uno più bello dell’altro, una topina e tre topini. Nenè esausta si mise in un angolino dell’albero cavo e finalmente si riposò.
Alfredo, intanto, era uscito allo scoperto. Che posto stupendo era quello!Nella folle corsa non aveva visto niente! Le spighe erano cariche di chicchi, perché era proprio la stagione della mietitura, e poi c’era vicino un canale, pieno di acqua e di canne, un posto adatto per annidarsi e nascondersi a qualsiasi predatore. Sulla riva del canale avevano nidificato tantissimi uccelli, tutti di piccole dimensioni. C’erano gazze, passeri, qualche cavaliere d’Italia. Forse, se capitava l’occasione, ci sarebbe stato pure qualche piccolo uovo da mangiare, oltre i chicchi di grano. Raccolse quanti più chicchi di grano poteva e corse nell’albero cavo per portare il pasto a Nenè. Che sorpresa ragazzi! I piccoli erano nati e già erano attaccati ai capezzoli di Nenè. Erano proprio bellissimi.
Cominciò così una nuova vita per la piccola famigliola. I piccoli crescevano bene, anche perché ancora riuscivano a prendere tanto latte. Nenè riusciva sempre a nutrirsi bene, con tutto quel grano a disposizione.
Un giorno furono svegliati da un rumore assordante. La terra quasi tremava sotto il loro rifugio.
“Cosa sarà mai?” Si chiese Alfredo e uscì furtivamente all’aperto per vedere la causa di tanto rumore.
Una enorme macchina avanzava quasi ruggendo, e mentre si muoveva riusciva a tagliare tutto il grano che trovava. Riusciva anche a separare i chicchi di grano.
Quando scese la sera il grano era stato tutto tagliato e affastellato, poi sopraggiunse una grossa macchina, con degli uomini che caricarono tutto e lo portarono via.
Alfredo cominciò a preoccuparsi. Il nutrimento per la sua famigliola era finito, a parte qualche chicco rimasto per terra. Corse subito e cominciò un frettoloso andirivieni con la tana per accatastare tutto quello che era rimasto.
“Nenè, disse Alfredo, non è molto, ma per ora accontentiamoci, poi cercherò altrove, non ti preoccupare, qualcosa saprò rimediare!”

Passarono alcuni giorni, e tutti i chicchi finirono.
“E’ ora che ti dia a fare, Alfredo” disse Nenè “Qui i piccoli incominciano ad avere fame!”
“Ecco, vado.”
Uscì cautamente dalla tana e cominciò a perlustrare la zona. In fondo al prato c’erano delle costruzioni con giardini, tutte recintate.
“Qui bisogna che stia molto attento” pensò Alfredo “Sicuramente ci saranno gatti e cani.”
Piano, piano avanzò nel prato. Certo non c’era più il grano che lo poteva nascondere, ma c’erano alcune buche nel terreno e così ogni tanto si fermava e si appiattiva annusando l’aria per capire se avvertiva l’odore dei gatti o dei cani.
Arrivò così ad una recinzione e dentro un giardino vide una grossa gabbia. Era veramente strana, non sembrava una cuccia di cani, né una gabbia di uccelli.
Si fece coraggio ed entrò nel giardino. Il cane si accorse dell’intruso dall’odore, e cominciò ad abbaiare, forse per avvertire qualcuno. Al di là della gabbia c’era un cancelletto di legno, e il cane dietro al cancelletto si affannava con le zampe per poterlo aprire e così cacciare Alfredo.
“Che fortuna!” pensò Alfredo “Il cane è al di là del cancelletto, ed ho un poco di tempo per vedere se trovo qualcosa”
Si erse sulle zampette posteriori e appoggiò quelle anteriori alla gabbia e cominciò a guardare dentro. Sgranò gli occhi per lo stupore.
“Misericordia!Ci sono degli animaletti che sembrano miei parenti, e tanto, ma tanto da mangiare!”
Si fece coraggio e cominciò
“Ehi voi, chi siete? Siete quasi uguali a me, a parte il colore, e la morbidezza del pelo”
“Siamo dei criceti cavie, purtroppo sempre chiusi qui dentro. Certo non ci manca niente, ma ci manca la cosa fondamentale, e cioè la libertà. Non possiamo correre nei prati, né annusare l’erba quando è bagnata dalla pioggia, né annusare i fiori, né abbeverarci ad una fonte fresca.  E tu chi sei?”
“O mio Dio! Mi dispiace veramente per voi. Io sono un topo di campagna. Sto cercando del cibo per nutrire i miei piccoli, perché la macchina ha portato via tutto il nostro nutrimento.”
“Noi ne abbiamo fin troppo e lo divideremmo con te volentieri, ma come facciamo per dartelo?”
“Ci penserò io, non vi preoccupate”
Cominciò allora un lavoro di scavo con le sue piccole zampette. La terra era durissima, ma la volontà di raggiungere il cibo era tanta, e così si aprì un varco e, scavando con più veemenza possibile, riuscì ad entrare nella gabbia.

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